A Casier per rimettere al centro la comunità

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Una intera giornata di lavoro per confrontarsi e ragionare, con bibliotecari, assistenti sociali, amministratori e cittadini, su come incentivare la socialità in questi tempi di distanziamento. Un tema caldo e molto caro a tutti i servizi pubblici, quelli che per mandato non solo erogano prestazioni ma tessono reti, relazioni e legami fondamentali per la tenuta e lo sviluppo delle comunità.

Protagonista della riflessione il Comune di Casier con la sua biblioteca: il suo 45° compleanno ha radunato persone, energie e attenzioni da varie zone del Veneto (con la collaborazione dell’AIB regionale) non solo per la giornata di studio insieme ai Laboratori Bibliosociali ma per una tre giorni di eventi dedicati alla lettura, alla musica e alla partecipazione.

Il 24 settembre Francesco Caligaris e Massimiliano Anzivino hanno introdotto le riflessioni maturate dalla rete dei Laboratori Bibliosociali in giro per l’Italia negli ultimi anni e guidato la discussione con dispositivi attivi pur nel rispetto delle limitazioni anticovid.

È stato così analizzato il senso profondo dei vari servizi rappresentati che per la quasi totalità dei presenti è connesso con il contatto con le persone, l’attivazione delle relazioni e la costruzione di significati condivisi. Una scoperta non banale, specie in quest’ultimo periodo dove invece per molti questi aspetti sono negati a causa del terremoto coronavirus. Anche di fronte a graduali forme di apertura al pubblico dei vari servizi, si assiste ad uno snaturamento degli stessi. Si amplifica così la dimensione individuale e prestazionale lasciando sullo sfondo proprio quegli elementi che invece costituiscono il cuore di tali luoghi pubblici. Fare socialità e fare cultura, nella declinazione proposta di costruire legami e riflettere sulle esperienze per dargli senso, sono i due pilastri imprescindibili che dobbiamo provare a rimettere al centro. Si tratta di trovare soluzioni innovative, inedite e sperimentali per ripartire non con una versione raffazzonata dei servizi precedenti, ma con una proposta che ancora di più faccia proprio il lavoro di comunità che si nutre di questo mix socio-culturale.

Siamo così andati in giro per il nord Italia a scovare alcuni spunti di esperienze che con fatica e in modo ancora parziale stanno facendo questo tentativo di ridare forma di incubatore di comunità al proprio servizio. Queste esperienze, narrate, interrogate e analizzate nei loro elementi interessanti e di rottura, hanno interagito con i racconti del territorio, dove anche qui sono emerse intuizioni e strategie alternative di essere facilitatori dei processi comunitari.

È stato evidente come la fase in cui ci troviamo metta alla prova a vari livelli gli operatori e le rispettive organizzazioni nel riflettere profondamente sui propri mandati e nel mettere in pratica microazioni e sperimentazioni completamente inedite, per certi versi spiazzanti ma estremamente importanti per riconnettere servizi, persone e territorio.

Le parole chiave di questo spostamento sono state l’ascolto come strumento cardine di ogni azione: approntare dispositivi per ascoltare e dare parola ai cittadini, dispositivi plurali, anche parziali, con l’utilizzo di nuove e vecchie tecnologie, rivolgendo una intenzionalità professionale a questa attenzione.

All’ascolto si associa la capacità di costruire ponti, di mettersi quindi in una logica di connettori tra il proprio servizio e quello di altri oppure di tessitura di legami tra altri servizi. Si tratta di un’opera estremamente preziosa ma purtroppo resa residuale dai vincoli attuali.

Tutto ciò con l’orientamento principale di “uscire da sé”, di intendere il proprio lavoro come non limitato dal proprio spazio fisico, che magari in questo momento è inutilizzabile, ma come bisognoso di ricercare altri luoghi e occasioni per esprimersi e portare valore. Uscire quindi dagli spazi fisici ma soprattutto dalle ruotine, dalle divisioni per settori e per background professionali.

Uscire da sé anche con l’ottica di stabilire collaborazioni con altri, un elemento che oggi appare indispensabile per poter affrontare la complessità e per generare risorse e aprire lo sguardo a nuove possibilità operative.

Infine ricordare il proprio ruolo di collante tra i cittadini e le istituzioni: essere antenna sul territorio dei bisogni, degli umori, raccogliere informazioni e feedback e farli retroagire con i decisori politici e con i livelli organizzativi.

In queste prospettive che abbiamo provato rapidamente a riassumere, e che sono state al centro dei lavori con circa 30 operatori locali e vari amministratori e cittadini locali, sta la molla per provare a trasformare i diversi servizi per renderli capaci di incubare comunità pur in tempi di distanziamento, gel e mascherine. È una sfida grande e impegnativa che richiede una capacità di mettersi in gioco, di porsi in dialogo e in discussione, di rischiare qualcosa, di aprirsi all’inedito, di accettare prove ed errori, eventuali fallimenti ma anche apprendimenti.

Oggi è qui che si gioca il futuro delle comunità, ancora più bisognose e desiderose di ritrovare luoghi e occasioni per incontrarsi e confrontarsi, per tessere legami ed esperienze, per costruire significati e dare senso a ciò che sta accadendo intorno al loro. Oggi è qui che si gioca anche il futuro dei servizi, la loro capacità di essere centrali sui territori, di essere motori di benessere e partecipazione.

Non si tratta di una riflessione nuova. Da tantissimi anni si ragiona di tali temi attorno al mantra dello sviluppo di comunità, che di base rappresenta una frontiera del lavoro di molti professionisti difficile da varcare. L’esperienza della pandemia ha reso ancora più evidente la necessità di fare un salto nei servizi e nella pratica quotidiana e in tanti hanno sentito, specie nei mesi del lockdown, che ci sono grandi potenzialità nei territori e negli operatori stessi di procedere in questa direzione. Una direzione certamente più complessa, dove stare forse scomodi all’inizio, ma anche stimolante e capace di dare centralità e forza al lavoro di tanti.

 

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