L’approccio di comunità nei Laboratori Bibliosociali
Che cos’è l’approccio di comunità
La proposta dei Laboratori Bibliosociali non è altro che il trasportare l’approccio di comunità anche ai luoghi della cultura.
In questo modo una prassi del mondo psicologico, sociologico ed educativo entra in un ambito ben delimitato nei confini che separano il lavoro culturale da quello sociale. Anche l’organizzazione dei servizi nelle pubbliche amministrazioni conferma questa situazione di separazione per compartimenti se non stagni, quantomeno poco comunicanti.
Dire «approccio di comunità» non è sufficiente a fugare i dubbi e a chiarificare di che cosa stiamo parlando. Negli ultimi anni (a dire il vero questi ultimi anni sono diventati ormai trenta o quaranta!) si fa un gran parlare di comunità: una parola ombrello, buona per ogni stagione e ogni contesto, ben abbinata al totem dello sviluppo delle reti. Una parola che è tanto nominata quanto ignorata, incompresa e bistrattata.
Quell’intuizione statunitense degli anni ’60 – che aveva teorizzato un funzionamento naturale e fisiologico delle organizzazioni umane (concetto semplice, ma sempre più rinnegato dagli influssi del modello capitalista e globalizzante) – tuttora fatica a essere realmente praticata perfino negli ambiti in cui ha più storia, documenti di riferimento, evidenze empiriche. Prevale anzi, e sempre con una notevole forza, un approccio “anti-comunitario” nei servizi, centrato sulle prestazioni specialistiche e su contesti di interazione duale tra professionista e utente, con buona pace delle reti e delle comunità.
Le resistenze forse sono dovute anche a due elementi di complessità:
– il fatto che l’approccio di comunità sia frutto di una combinazione di varie discipline e riflessioni, dalla sociologia alla psicologia, dalla teoria del campo all’approccio ecologico (e tanti altri contributi dai quali è emersa questa sintesi per certi versi rivoluzionaria).
– il fatto che l’approccio di comunità non si poggi sul tecnicismo, bensì esattamente sul suo contrario, sul mettersi in una prospettiva dialogante e di interazione inaspettata con la realtà, interdisciplinare, centrata sulla ricerca-azione e con al centro la partecipazione dei cittadini.
Ma perché portare un approccio di questo tipo in biblioteca?
Se già negli ambiti che hanno dato vita all’approccio di comunità questo stenta a decollare, perché proporlo in un mondo che si colloca parecchio distante da questi discorsi?
Qui sta la scommessa di tutto il percorso dei Laboratori Bibliosociali. Qui sta il fulcro del ragionamento che in tante occasioni abbiamo proposto: se mettiamo in fila i dati che vengono dalla realtà – in particolare l’andamento e la tipologia di risorse e affluenze di pubblico, la specificità delle sfide e dei problemi emergenti –, in sempre più contesti territoriali appare come la biblioteca pubblica sia un luogo dalle enormi potenzialità di sviluppo e al contempo dalle pericolose tendenze al ridimensionamento.
Queste ultime sono ben note e riguardano (semplificando un po’) il continuo calo nei numeri di iscritti, di prestiti e lettori ai quali si accompagna la riduzione delle risorse economiche e di personale: insomma una tendenza che rischia di far uscire le biblioteche dalle priorità dell’agenda politica. A ciò si affiancano le sfide del nostro tempo legate alla rivoluzione digitale, all’invecchiamento della popolazione e alle nuove fragilità.
A fronte di questo scenario preoccupante emergono però interessanti processi da parte dei cittadini, i quali vedono nelle biblioteche un luogo per rispondere a nuovi problemi, coltivare desideri, costruire relazioni, sviluppare competenze, sperimentare cittadinanza attiva. E ciò avviene proprio in virtù delle caratteristiche che le biblioteche pubbliche continuano ad avere e che risaltano ancor di più nell’attuale scenario, caratterizzato da comunità disgregate e da servizi pubblici spesso percepiti come distanti dai cittadini. Altrove abbiamo percorso nel dettaglio tali caratteristiche, tra le quali spiccano la bassa soglia di accesso, la trasversalità di utenza, la non stigmatizzazione dell’utilizzo, la bellezza e la potenza del medium culturale, la versatilità dei supporti e delle proposte.
Ragionare in termini di «biblioteche sociali» significa dare valore a questa situazione, renderla più visibile e sostenibile, offrendo alcune chiavi di lettura e strumenti tratti da ambiti diversi ma estremamente validi anche per l’ambito culturale.
Tale movimento è in corso da tempo, ben prima che esistessero i Laboratori Bibliosociali, ma viaggiava in silenzio, a volte con poca consapevolezza di essere dentro processi di sperimentazione e cambiamento profondi e complessi. Semplicemente il nostro impegno è stato quello di puntare un faro su un processo in corso, apprendere da quello che ci hanno raccontato tanti bibliotecari e altri operatori di varie discipline con i quali collaborano, rimettere in fila i dati e provare a restituirli in forme diverse.
Come tenere viva una riflessione sul presente e il futuro delle biblioteche senza che possa essere percepita come una minaccia? Come tutelare la mission essenziale dei servizi culturali pur aprendo a un approccio di sviluppo di comunità?