Il tempo in biblioteca è in movimento
Le riflessioni in fermento nei Laboratori Bibliosociali si sviluppano spesso a partire dal considerare la biblioteca come luogo peculiare, spazio comune, ambiente aperto e ricco di stimoli, terreno fertile… Proviamo per una volta ad assumere una prospettiva più legata alla dimensione temporale e lanciamo cinque spunti rispetto al tempo che stanno vivendo le biblioteche oggi in Italia.
Il momento giusto
La biblioteca sta vivendo un momento buio, primo passo verso l’estinzione, oppure attraversa un momento magico? Riteniamo comprensibile e costruttivo che intorno a un dubbio così dirimente la discussione sia accesa e le opinioni discordi, legate anche alle specifiche situazioni e ai diversi momenti. Eppure proprio la vivacità del dibattito sembra suggerire che il mondo delle biblioteche sia tutt’altro che agonizzante.
L’essenzialità della cultura, in tutte le sue dimensioni e articolazioni, non è certo venuta meno per il progresso tecnologico. Inoltre, la biblioteca rappresenta un contesto non connotato né connotante e ha in questo senso grandi opportunità e un valore prezioso che va mostrato, rivendicato, difeso. Le risorse finanziarie spesso sono scarse, ma le risorse relazionali provenienti dalla società in questo momento sono moltissime ed esaltano la capacità maieutica della biblioteca nel farle emergere ed esprimere. Questa attitudine si affianca alla possibilità di stringere legami con il territorio, di intercettare i movimenti della società, di leggere le richieste di gruppi e singoli, di guardare con attenzione a difficoltà ed evoluzioni.
Di certo c’è oggi un sovraccarico funzionale delle biblioteche, così come di altri servizi: possiamo però assumerlo anche come una garanzia di sopravvivenza dell’istituzione, leggendovi potenzialità di lavoro e intervento, un segno di non abbandono o disinteresse da parte dei cittadini; e possiamo riflettere su come gestirlo [qualche ulteriore riflessione al prossimo punto]…
Tempo di cambiare
Non è certo un’eresia affermare che è anacronistico un modello di biblioteca imperniato sulla sola conservazione del patrimonio culturale. E dobbiamo avere il coraggio di ribadire che parte della tutela del patrimonio è anche la sua diffusione e promozione. La biblioteca è un organismo vivente e complesso e vive perciò evoluzioni e adattamenti. Ora di certo si trova in una fase di profondo cambiamento.
Il cambiamento è principalmente frutto del mutamento di rapporto con l’utenza. Il sovraccarico di richieste e incombenze può essere sì un’opportunità, ma – se non è gestito – diventa soprattutto causa dell’intossicarsi, dell’ingolfarsi dei meccanismi che regolano la vita di un servizio: è bene che la biblioteca scarichi i cittadini da ansie e preoccupazioni, ne alleggerisca i pesi e decongestioni la complessità, ma non può incaricarsi delle domande destinate ad altre istituzioni né adattarsi a qualunque funzione.
Perciò il cambiamento non solo è necessario al mantenimento di una funzione utile e riconosciuta dalla collettività, ma si rivela lo strumento per ritrovare il cuore della propria mission: è irrinunciabile che la biblioteca risponda ai bisogni culturali dei cittadini e dia vigore alla propria dimensione sociale, non a un’effimera e indistinta socialità. È il momento di uscire da recinti e barriere, ma anche di individuare con chiarezza i punti di riferimento del proprio operare.
È tempo di cambiamento anche nel tipo di riflessioni da fare e da proporre: occorre concentrarsi su questioni di metodo, su che cosa si fa e su come lo si fa, per uno scambio arricchente e una rielaborazione comune delle esperienze.
Molte trasformazioni sono state già realizzate o sono in corso e molte non sono ancora state digerite dagli operatori o comprese dalle amministrazioni. Occorre, quindi, insistere nella comunicazione con il mondo esterno e al proprio interno, alla ricerca costante di equilibri diversi e di opportunità di innovazione. La biblioteca può essere un contesto sereno in cui rinnovarsi, sia per il servizio sia per chi lo vive.
Ritmi diversi
La biblioteca è così fertile per un positivo cambiamento perché portatrice di un modello diverso di vivere il tempo. Il tempo in biblioteca non è immobile, non è fermo o eterno: semplicemente ha ritmi altri da quelli frenetici a cui ci ha abituati il comune stile di vita nella nostra società.
Il passaggio in biblioteca può rappresentare per molti una pausa, un tempo di quiete dagli affanni: non nel senso di uno straniamento rispetto al quotidiano, bensì come alternativa nello stabilire valori e priorità. In biblioteca, per esempio, l’informazione non viene consumata o addirittura divorata, ma è perlomeno masticata, interpretata, filtrata, confrontata, grazie a uno sguardo critico. La molteplicità di voci diventa un arricchimento e non resta il marasma confuso in cui talvolta rischiamo tutti di sprofondare. I bibliotecari rivestono così anche un ruolo di “terapeuti dell’informazione”.
Il ritmo di lavoro e di vita da ritrovare in biblioteca (sebbene per gli operatori si imponga spesso la frenesia che connota il “fuori”) è il tempo della proposta anziché dell’imposizione, dell’opportunità gratuita anziché del cammino segnato e oneroso, del riconoscimento dei confini oltre i quali non andare e dei sogni che vale la pena costruire insieme. In particolare – in un’ottica di socialità e di radicale alternativa ad altre spinte della contemporaneità – la biblioteca deve preservare un ritmo che non porti all’atomizzazione, ma consenta un cammino alla riscoperta di un fondo relazionale. Alla base di questo percorso vi sono lo scambio e la possibilità di stare, di conoscere e di riconoscersi.
Un periodo di ricerca
Viviamo in un periodo in cui premono svariate richieste culturali e sociali da parte di singoli e di gruppi, che si mostrano confusi e disorientati, in una complessiva ricerca di identità e riconoscimento. L’appartenenza a più identità richiede discernimento e cura delle relazioni per non tramutarsi in perdita di senso. Lo stare insieme in biblioteca e l’incontrarsi offrono la possibilità di produrre una cultura che nasce dentro la relazionalità: ci si scopre portatori di conoscenze e idee, si trova negli altri una comunanza di pensieri e vissuti, si cercano insieme nuove opportunità e soluzioni alle difficoltà dell’oggi.
Elemento cardine del mondo biblioteconomico è la riflessione sulle parole, sia nella comunicazione sia nei dibattiti interni al servizio: dare senso al linguaggio e all’espressione contribuisce alla produzione di significati e permette un ancoraggio prospettico nel guardare al mondo.
La biblioteca fornisce quindi punti di riferimento per tracciare nuove strade, canovacci su cui improvvisare insieme agli altri, portolani da completare secondo le varie esperienze.
Le pratiche culturali diventano la scintilla di molte azioni e dall’esplosione culturale la ricerca può condurre, attraverso percorsi di cittadinanza responsabile, a stili di vita alternativi, a una gestione partecipata del bene comune e a nuovi modelli di convivenza.
L’epoca della convivenza
Una biblioteca è attraversata da molti mondi, mondi plurali, variegati, cangianti. Si assiste a una mescolanza che – attraverso l’incontro, il riconoscimento reciproco e la relazione – è in grado di creare contaminazione e maturare coesione. Se il primo passo per i cittadini consiste nel non sentirsi soli, il secondo porta a percepire un’appartenenza non vincolante a una comunità ampia. Solo dal confronto fra pari, infatti, è possibile collaborare fattivamente, sviluppare idee e azioni utili per la collettività, dare vita perfino ad associazioni temporanee di impresa.
La convivenza riguarda anche i servizi, che devono saper entrare in connessione con soggetti sociali e culturali diversi, con la consapevolezza che non tutti fanno tutto, ma che occorre costruire collaborazioni complementari. Inoltre, non ci si può esimere dal cercare il coinvolgimento di responsabilità a diversi livelli, attivando anche le amministrazioni.
Tutti questi movimenti si mantengono vivi nel tempo, se partono da percorsi dal basso. Le prime alleanze che una biblioteca deve coltivare sono quelle con i cittadini, per un loro coinvolgimento nella gestione dei servizi: non c’è “biblioteca insieme” se i cittadini non partecipano alla progettazione. Nei primi incontri dei Laboratori Bibliosociali, la responsabile e radicata partecipazione dei cittadini appariva come l’ideale a cui tendere: oggi è la realtà da costruire e consolidare prioritariamente.