Tre possibili risposte all’infodemia
Biblioteche e altri contesti socioculturali per cittadini consapevoli e solidali
A inizio febbraio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha usato il neologismo infodemia per indicare il rischio che, rispetto all’epidemia di Covid-19, circolassero troppe informazioni, molte delle quali di scarsa qualità.
Per qualche giorno si è parlato della questione, poi la riflessione è stata sovrastata dall’arrivo dell’epidemia vera e propria e tutta l’attenzione si è spostata sulla gestione della crisi sanitaria.
Dunque è stata superficiale e azzardata la preoccupazione per l’infodemia? A mio parere niente affatto: discutere di infodemia non è un modo di distogliere l’attenzione dall’epidemia, perché l’infodemia accompagna l’epidemia e ne aggrava alcuni effetti collaterali.
Nel proseguire idealmente le considerazioni fatte da Massimiliano Anzivino su questo blog, mi piacerebbe aprire un confronto su un’idea in particolare: l’infodemia è un pericolo serio, subdolo, e proprio le biblioteche – insieme ad altri contesti socioculturali affini – sarebbero in grado di rispondere in modo opportuno ed efficace.
Non si tratta di un provocatorio «riapriamo subito le biblioteche», bensì di un invito a riflettere sul ruolo che avrebbero potuto giocare, su quello che stanno svolgendo e su quello che potranno avere in futuro.
Perché ripartire (anche) dalle biblioteche
Nel mezzo dell’epidemia, per contrastare l’infodemia e sostenere le singole persone e le comunità nell’attraversamento della crisi, il ruolo delle biblioteche o di simili incubatori di comunità sarebbe essenziale principalmente per tre funzioni:
1- aiutare a comprendere;
2- moltiplicare prospettive e idee;
3- far maturare la convivenza.
Proviamo a considerare questi tre aspetti, con la consapevolezza che saranno preziosi anche per ripartire nei mesi che ci attendono.
1. Aiutare a comprendere è la prima risposta all’infodemia. Siamo sommersi di informazioni, comunicazioni, articoli, video, audio, foto, vignette, link, opinioni: orientarsi o anche solo districarsi diventa sempre più difficile.
Molti messaggi sono contraddittori, molti consistono in uno sfogo, molti sono volutamente esagerati, cosicché – invece di accrescere la consapevolezza – aumentano principalmente l’ansia delle persone.
Dalle facoltà di linguistica delle Università di Bologna e Torino il professor Nicola Grandi e lo studente Alex Piovan analizzano:
Tra gli effetti collaterali di questa situazione, l’infodemia è stata forse sottovalutata. Ciò che le recenti vicende dell’Italia insegnano è che gestire l’informazione è cruciale per l’effettiva applicazione dei provvedimenti. […] Chi non capisce è più fragile e vulnerabile. Perché una comunicazione scorretta crea dissonanze, le dissonanze creano panico e il panico spesso genera reazioni e comportamenti controproducenti.
È comune non avere sufficienti strumenti tecnici o intellettuali (sarà capitato a chiunque man mano che si entrava in questioni specifiche: biologia, statistica, epidemiologia, macroeconomia, sociologia, ecc.).
Proprio in questi frangenti risulta evidente la necessità di biblioteche, per mediare le informazioni, far dialogare cittadini e istituzioni, riportare a fonti affidabili, rendere chiari i messaggi più importanti, affrontare domande e dubbi.
2. Moltiplicare prospettive e idee potrebbe sembrare in contraddizione con il tentativo di arginare lo tsunami di comunicazioni e notizie. In realtà è complementare al precedente processo. Infatti, per maturare comprensione e consapevolezza, è fondamentale selezionare le informazioni significative, mantenendo tuttavia una varietà di punti di vista.
Senza mediazione e soprattutto senza il confronto con altri, accogliamo con entusiasmo gli articoli che confermano ciò che già pensiamo, mentre scartiamo o leggiamo preconcettualmente quelli che propongono altre idee. Si tratta di un comportamento comprensibile e naturale nella psiche umana, che però è stato acuito da nuove “bolle”, come le reti personali sui social network o la profilazione e il tracciamento dei dati, che gradualmente restringono la varietà dei contenuti che ci vengono proposti.
Solo contesti aperti e molteplici come le biblioteche possono interrompere in maniera incisiva e costruttiva questi circoli viziosi: dobbiamo partire dall’incontro con idee nuove, dal potere generativo dello scambio socioculturale.
3. Far maturare la convivenza può apparire un paradosso in una situazione di confinamento sociale, eppure sarebbe cruciale.
Molte biblioteche pubbliche – così come gli altri incubatori di comunità con cui lavoriamo – si impegnano quotidianamente a sostenere le persone a guardare oltre i propri bisogni e interessi, sia nell’attenzione alla collettività sia nella comprensione delle esigenze specifiche degli altri.
Ed è proprio quando viviamo preoccupazioni, timori e sofferenze, che facciamo più fatica a uscire da noi stessi, a metterci nei panni degli altri, a inquadrare le situazioni in una visione di insieme. Uno dei rischi del confinamento sociale e dell’infodemia consiste nella ricerca di capri espiatori, per scaricare insofferenza e impotenza, individuando chi si comporta peggio di noi o chi ha esigenze meno importanti delle nostre.
I contesti socioculturali, invece, hanno intrapreso da anni percorsi di costruzione di convivenza sociale, incontro tra diversità, mediazione. Attraverso una costante ricerca di sintesi tra i desideri e le attitudini di tante persone diverse, si permette ai cittadini di parlarsi, di confrontarsi, di collaborare.
La biblioteca è un luogo adatto a porsi domande insieme e a cercare soluzioni comuni. Solo così le comunità possono sperimentare forme di condivisione solida e genuina.
Insomma, sono molti i modi in cui le biblioteche potrebbero svolgere un ruolo essenziale in questo complesso e confuso periodo.
In ogni caso, sebbene il loro raggio di azione sia fortemente ridotto, i servizi bibliotecari non sono spariti e stanno provando a fornire contributi significativi, come testimonia Luca Valenza, operatore culturale:
In ogni parte del mondo, a ogni latitudine, le bibliotecarie e i bibliotecari si riorganizzano e reagiscono con grande ingegno, solidarietà, inventiva e spirito comunitario a questo momento di crisi.
Proprio a seguito di questa considerazione, concludo con un invito: inviate una mail a [email protected] e raccontateci:
→ che iniziative state allestendo per essere vicini alle vostre comunità di riferimento in questo periodo di confinamento sociale
→ oppure, per un orizzonte propositivo e costruttivo, quali idee state mettendo in campo per il futuro, per ripartire insieme ai cittadini e agli altri servizi.